Issue 19

L. Susmel et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 19 (2012) 37-50; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.19.04 39 sia indipendente dal carico di prova (dove nella precedente equazione p è la forza applicata e d la dimensione dell’impronta). Tale convinzione, ampiamente supportata da sistematiche campagne sperimentali, risulta però valida fintanto che le dimensioni dell’impronta sono sufficientemente grandi rispetto alla grana cristallina, ovvero, tale affermazione è valida solo per prove di macro - durezza. Al contrario, alcuni studi [6, 7] hanno evidenziato come esista una forte dipendenza del valore della durezza Vickers dalla dimensione dell’impronta quando questa diventa comparabile con la dimensione della grana cristallina. In più, tali studi hanno posto in evidenza come un tale effetto scala non possa essere spiegato invocando unicamente la tradizionale teoria della plasticità, a meno che questa non venga pesantemente modificata onde estenderne la validità anche su scala microscopica. In particolare, si può osservare come l’aumento apparente di durezza a cui si assiste, per uno stesso materiale, passando dal campo macroscopico al campo microscopico, non sembra essere spiegabile solo con considerazioni puramente dimensionali (ovvero, ricorrendo al classico effetto scala): secondo le più moderne interpretazioni, un tale incremento apparente sembra sia legato alla proliferazione di dislocazioni geometricamente necessarie, proliferazione indotta dai gradienti di deformazione che vengono imposti al materiale durante il processo di indentazione [8-10]. Più precisamente, deformazioni non uniformi dell’ordine di grandezza del µ m producono una densità di dislocazioni geometricamente necessarie che risulta essere comparabile, o a volte anche superiore, alla densità di dislocazioni statisticamente presenti. In altre parole, maggiore è l’ordine di grandezza della deformazione in presenza di forti gradienti, più alta è la densità relativa di dislocazioni geometricamente necessarie e più alto è il loro contributo all’incrudimento: queste rappresentano le basi sui cui è stata recentemente sviluppata la teoria della plasticità fondata sul gradiente della deformazione ( strain gradient plasticity ) [10]. 0 0.5 1 1.5 2 2.5 0 0.5 1 1.5 2 Profondità di indentazione, h [mm] Durezza [GPa] Singolo cristallo di Rame (1 1 1) Policristallo di Rame lavorato a freddo Figura 1 : Dipendenza della durezza, misurata mediante una punta Berkovich, dalla profondità di indentazione di un singolo cristallo di rame e di un agglomerato policristallino di rame lavorato a freddo [4]. Figure 1 : Relationship between Berkovich hardness and indentation depth in a single crystal as well as in a cold-rolled polycrystal of copper [4]. Partendo dalle problematiche brevemente menzionate poco sopra, il presente lavoro riporta i risultati ottenuti nella previsione, mediante analisi elasto-plastiche agli elementi finiti, di macro-, micro- e nano-durezza di tre materiali metallici comunemente utilizzati nella realizzazione di componenti meccanici. In particolare, il presente lavoro si pone come obiettivo primario quello di formalizzare una possibile correlazione che leghi misure di durezza ottenute su diverse scale dimensionali mediante l’uso di simulazioni agli elementi finiti e assumendo che il materiale obbedisca ancora alle leggi della meccanica del continuo. La semplice procedura proposta si basa sull’uso di un valore di durezza utilizzato per la calibrazione del modello stesso e sulla curva tensione–deformazione del materiale, curva determinata in campo elasto- plastico a mezzo di prove convenzionali di trazione e descrivibile mediante la nota relazione di Ramberg-Osgood [11]. Interessante è osservare che il metodo proposto non solo ha consentito di legare in modo semplice i valori di durezza determinati su scala macro, micro e nano, ma ha permesso anche di individuare il limite di applicabilità della teoria della plasticità convenzionale nella modellazione delle misure di durezza superficiale, suggerendo, allo stesso tempo, che il fenomeno della strain gradient plasticity possa essere tenuto, in un certo qual modo, in considerazione mediante un parametro direttamente legato al comportamento plastico macroscopico del materiale. Per concludere, e prima di entrare nel dettaglio della metodologia proposta, è importante sottolineare che, onde restare all’interno del campo di validità della meccanica del continuo, quanto formalizzato nel presente lavoro si basa sulla

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