Issue 12

R. Tovo et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 12 (2010) 79-87; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.12.08 80 spessore [5] ed il secondo è il metodo del gradiente implicito di recente sviluppo [6, 7]. Tali metodi, sono entrambi in grado di fornire un indice sulla affidabilità strutturale basato sui risultati di analisi numeriche agli elementi finiti di tipo lineare elastico. Ovviamente, per la costruzione del modello tridimensionale, entrambi gli approcci si possono avvalere di moderni modellatori 3D di tipo commerciale. Tuttavia, mentre con il metodo del gradiente implicito le saldature sono considerate come intagli acuti a spigolo vivo indipendentemente dallo spessore delle lamiere, il metodo del raggio fittizio impone, in primis, una variazione del modello geometrico (introduzione del raggio di raccordo al piede o alla radice del cordone di saldatura) e in secondo luogo, sulla base di una recente proposta presentata in [8], il valore del raggio di raccordo dipende anche dallo spessore del giunto. La presente memoria metterà in luce alcune problematiche nell’impiego di modelli tridimensionali per la valutazione della resistenza a fatica in giunti di piccolo spessore. Verranno esaminate alcune serie di giunzioni saldate per punti aventi spessore variabile da 0.8 a 1.5 mm. I dati sperimentali sono tratti dalla letteratura e fanno riferimento a giunzioni in acciaio. I NQUADRAMENTO TEORICO DEL METODO DEL GRADIENTE IMPLICITO APPLICATO ALLE GIUNZIONI SALDATE ei corpi con intagli a spigolo vivo l’ipotesi di materiale lineare elastico, come ben noto, porta ad avere campi di tensione singolari in corrispondenza dell’apice intaglio [9]. Il metodo del gradiente implicito, applicato di recente alla progettazione meccanica [6] e [7], è capace di trasformare un campo tensionale preso a riferimento (tensione equivalente locale) in un campo di tensione continuo (tensione equivalente non-locale) in modo da rendere possibile l’applicazione dei criteri di resistenza che necessitano di un campo di tensione regolare. In questo paragrafo si richiamano le equazioni fondamentali alla base del metodo del gradiente implicito. Assegnato un corpo di volume V, la tensione non locale    x  nel punto   1 2 3 x x ,x ,x  di V può essere ottenuta dalla media pesata del tensore degli sforzi locale   x  attraverso l’espressione:          V r 1 x x, y y dy V x       (1) Nell’equazione (1) il simbolo   x,y  indica un valore scalare della funzione peso che dipende dalla distanza Euclidea x y  tra il punto x ed ogni punto   1 2 3 y y ,y ,y  di V. Inoltre, il volume di riferimento   r V x può essere calcolato per mezzo della condizione di normalizzazione della funzione peso sul dominio V:     r V V x x, y dy    (2)   r V x è quindi l’integrale della funzione peso   x,y  esteso a tutto il volume del corpo. Senza entrare nel dettaglio della trattazione matematica dei modelli non locali, il problema del calcolo della tensione equivalente non locale    x  può essere trasferito alla risoluzione di una equazione differenziale del secondo ordine [10]. Indicata con eff  la tensione efficace ai fini della resistenza a fatica, la (1) equivale a risolvere la seguente equazione differenziale:       2 2 eff eff eq x c x x       (3) eff n 0    (4) dove c è una dimensione intrinseca legata al materiale in esame, 2  è l’operatore di Laplace e eq  è la tensione equivalente locale ritenuta responsabile del danno a fatica (per una trattazione più approfondita del problema si rimanda ai riferimenti bibliografic i [6,7] ). Il parametro c è legato in modo univoco alla lunghezza intrinseca a 0 di El Haddad et al. [11]; nel caso di tensione efficace ottenuta dalla tensione principale massima e imponendo come condizioni al bordo le N

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