Issue 9

A. Risitano et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 9 (2009) 113 - 124; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.09.12 114 Still working with high level temperature sensors, the authors observed that during static tests, the temperature variation of the surface specimen, permits to associated the lower dynamic fatigue limit σ 0 to a “temperature limit” T 0 coincident to the end of thermo-elastic phase. In this case a qualitative physical model, able to give and justify the possibility to evaluate the classic fatigue limit by experimental knowledge of thermo-elastic behaviour is discussed. As an example, the results of traction tests performed on two rectangular section specimens notched with one hole each, where the change of linearity was evident, are reported. The corresponding value of stress was coincident with the fatigue limit σ 0 for R= - 1, found by traditional method. K EYWORDS . Energia, Termografia, Temperatura in prova di trazione, Fatica I NTRODUZIONE er la caratterizzazione dei materiali o di componenti meccanici ci si è affidati da sempre a prove (statiche o dinamiche) nelle quali difficilmente si teneva conto di parametri energetici. Nella prova di resilienza il parametro di riferimento come è noto è l’energia. Le attuali tecnologie di misure, combinati con adeguati sistemi di analisi di immagini, permettono di tener conto di un parametro che è legato all’energia in gioco del sistema, ovvero, le variazioni di temperatura del materiale sottoposto a carichi. Con i sistemi di rilievo a distanza e a tutto campo attuali è possibile rilevare la temperatura sulla superficie del provino durante tutta la prova ed analizzare successivamente l’andamento della stessa nei vari punti. L’analisi termica permette di evidenziare, già all’inizio delle prove (statiche o dinamiche), il punto della superficie del provino a temperatura più elevata che individua la zona dove la rottura successivamente si realizzerà. Ciò diventa importante per la previsione di rotture anche in componenti meccanici in esercizio per cui sia possibile il rilievo a distanza della temperatura superficiale. Negli ultimi 20 anni, sulla scia di quanto indicato già da Foppel, ed altri ricercatori dello stesso periodo, con lo sviluppo di sensori per il rilevo della temperatura a distanza e a tutto campo sempre più precisi, tanti ricercatori hanno utilizzato la conoscenza della temperatura sulla superficie del provino durante le prove, in particolare dinamiche, per proporre metodologie e procedure per determinare sperimentalmente il limite di fatica del materiale in modo rapido [1,2,3,15,20]. Tanti altri hanno proposto modelli analitici e numerici basati sull’energia necessaria a portare a rottura il materiale verificando i risultati con lo stato termico rilevabile sulla superficie esterna del provino o componente analizzato [12,22,27,28,31,32,33,35,38,41]. La vasta letteratura degli ultimi anni sull’argomento evidenzia il grande interesse dei ricercatori sull’aspetto energetico del processo di danno o cedimento del materiale ed evidenzia la necessità di strumenti di indagine sempre più evoluti. L A TEMPERATURA NEL CASO DI PROVE DI FATICA l prendere in considerazione la variazione di temperatura ΔT (terzo parametro oltre i due classici tensione σ e numero di cicli N ) durante l’esecuzione di prove di fatica ha portato il gruppo di ricerca di A. Risitano [1,2,3,4,5,18] a verificare, mediante sensori a tutto campo che, per una data frequenza di prova e per un dato rapporto di sollecitazione R, la variazione della temperatura sulla superficie del provino, con il numero di cicli era funzione della sollecitazione massima applicata. Seguendo il punto più caldo (areola attorno), preso come riferimento sin dall’inizio della prova si notava che la temperatura (temperatura media) dopo un primo veloce incremento ( N s qualche migliaio di cicli) si stabilizzava fino al cedimento del materiale con un veloce ultimo incremento finale ( N f ancora qualche migliaio di cicli) prima della completa rottura (Fig. 1). Su tale osservazione si sono basati diversi metodi per la determinazione del limite di fatica del materiale [1,2,3,6,16,17,21,26] che permettono di ridurre in modo drastico i tempi di prova. In pratica, si è passati da un sistema a due parametri (tensioni, numero di cicli) ad un sistema a tre parametri (tensioni, numero di cicli, temperatura) e la durata del componente o del materiale può essere vista in termini energetici come una funzione dell’energia limite E l necessaria per raggiungimento della rottura del provino (di un componente meccanico). P I

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