Issue 9

V. Dattoma et alii, Frattura ed Integrità Strutturale, 9 (2009) 64 – 75 ; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.09.07 67 sperimentalmente dal fatto che durante l’applicazione sui giunti di carichi elevati si rilevano deformazioni sugli estensimetri che variano in modo non lineare con l’aumentare del carico. Figura 1 : Alcuni esempi dei giunti saldati in acciaio utilizzati per i test di fatica. L’ampiezza di deformazione  a deve essere misurata sottoponendo il giunto al ciclo presunto di carico a fatica e può essere messa in relazione al numero di cicli a rottura N in maniera da ottenere curve di resistenza a fatica in termini di ampiezze di deformazione locale, che risultano essere indipendenti dalla tipologia di giunto e dalla modalità di carico. Da queste curve, ricavate per giunti di diversa geometria e sottoposti a cicli di carico caratterizzati da diversi valori del rapporto di sollecitazione R, è possibile estrapolare il valore  A della deformazione locale in corrispondenza di N = 2 · 10 6 cicli. La sperimentazione condotta su un gran numero di giunti saldati in acciaio strutturale, differenti per tipologia, spessore e modalità di carico, ha permesso di stabilire che il parametro ampiezza di deformazione locale è abbastanza insensibile alla variabilità di molti dei fattori che incidono sulla resistenza a fatica, rappresentandone una sorta di indicatore riassuntivo di tutto quanto accade al piede del cordone e che riveste una certa importanza ai fini della resistenza a fatica. Nei primi lavori [22, 25-29], relativi a giunti saldati con spessore delle piastre superiore a 10 mm, tutti i dati sono stati raggruppati con successo su un’unica curva di resistenza a fatica espressa in termini di ampiezza di deformazione locale. Successivamente, le prove condotte su giunti di spessore inferiore ai 10 mm [30-32] hanno evidenziato che questi manifestano una resistenza maggiore se espressa in termini di ampiezza di deformazione locale. Il diverso livello di tensioni residue che caratterizza le due classi di spessore dei giunti saldati considerati è stato proposto per spiegare questo comportamento [33- 34] . In [35] si è voluto valutare l’applicabilità e la coerenza dei dati misurati anche in condizioni estremamente diverse; in tutti i giunti saldati che erano stati studiati fino ad allora l’asse del cordone di saldatura era perpendicolare alla forza applicata. In tale studio si sono invece considerati dei giunti saldati testa a testa aventi il cordone inclinato rispetto all’asse di trazione, incollando questa volta delle rosette al piede del cordone. In questa particolare condizione si ha il dubbio se considerare come ampiezza di deformazione locale quella principale, la cui direzione potrebbe essere incognita a priori, o quella normale al cordone. I dati sperimentali si sono accordati ottimamente a quelli degli altri giunti testati in precedenza, indicando che si può in ogni caso far riferimento alla deformazione misurata in direzione normale al cordone. Lo stesso metodo è stato usato anche nel caso di sollecitazioni ad ampiezza variabile considerando un caso industriale reale [36]. In [37] infine è fornita una estesa discussione sulle peculiarità del metodo e sulle linee guida per la sua pratica applicazione. La maggior parte della sperimentazione è stata condotta su giunti saldati in acciaio, ma l’applicabilità del metodo non viene meno cambiando materiale o processo di saldatura. In tal caso ovviamente i valori numerici delle ampiezze di deformazione che determinano una prefissata vita a fatica cambiano ed è quindi necessaria una sperimentazione su ogni materiale si voglia considerare. Alcune campagne sperimentali sono state condotte su giunti in lega di alluminio [38-39] e più recentemente gli autori e il gruppo di ricerca del Politecnico di Bari [40] stanno conducendo un’ampia campagna di prove sperimentali su giunti in lega di Titanio.

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