Issue 12

L. Collini, Frattura ed Integrità Strutturale, 12 (2010) 21-36; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.12.03 23 mesoscala possiede una sua peculiarità: essa ammette la descrizione del comportamento di ogni singola fase come un continuo. Nella ghisa ad esempio è individuata la fase ferritica (regioni di colore chiaro), quella perlitica (regioni grigio scuro) e la grafite che durante il raffreddamento della massa fusa precipita sotto forma di noduli o sferoidi. In funzione della percentuale delle due fasi – ferrite e perlite – presenti nella matrice, le zone ferritiche sono disposte o attorno ad un singolo nodulo di grafite (configurazione bull’s eye ), o in aree più estese racchiudono un numero maggiore di sferoidi. La mesoscala identifica quindi un altro aspetto essenziale del materiale: la disposizione delle fasi. L’analisi del comportamento meccanico di materiali multi-fase o a microstruttura eterogenea su una determinata scala, richiede in genere strumenti di modellazione. I modelli sono volti alla comprensione dei micro-meccanismi che governano il comportamento del solido, manifestato su scala macroscopica. Essi forniscono indicazioni sul comportamento d’insieme di un solido disomogeneo, a partire dalla conoscenza del comportamento delle singole fasi e della loro interazione, [5]. La microstruttura della maggior parte dei materiali eterogenei di interesse ingegneristico è solitamente troppo complessa, dal punto di vista puramente geometrico, per essere descritta nel dettaglio in modo deterministico. La disposizione delle fasi deve necessariamente essere trattata in modo statistico, e descritta mediante appropriate funzioni di distribuzione e correlazione. La struttura eterogenea di un materiale può infatti essere considerata “statisticamente omogenea”, e la descrizione statistica dell’arrangiamento non dipende dalla posizione in cui esso è valutato. Questo è un altro concetto di fondamentale importanza alla base dell’approccio micromeccanico. Per questi sistemi statisticamente omogenei, è lecito definire delle proprietà medie sul volume, indipendenti dalla grandezza e dalla posizione del volume considerato, ammesso che esso sia “abbastanza grande”. Un tale volume che contiene tutte le informazioni necessarie e sufficienti per la descrizione statistica di una data microstruttura è detto volume di riferimento, o Reference Volume Element (RVE). Una microstruttura statisticamente omogenea può essere isotropa se i descrittori statistici sono degli invarianti rotazionali, o statisticamente anisotropa se vi sono direzioni preferenziali nella geometria, orientazione o posizione dei costituenti, [6] . Omogeneizzazione e localizzazione. Una pratica comune nel trattare i materiali compositi è quella di sostituire idealmente il comportamento della loro struttura disomogenea con quello di un materiale omogeneo equivalente o, per meglio dire, omogeneizzato. La maggior parte delle proprietà macroscopiche può essere determinata sperimentalmente, ma alcune di esse, in pratica, non sono determinabili o sono molto difficili da misurare. Un’intera area della Meccanica dei Solidi si è occupata, negli ultimi 30 anni, della teoria dei compositi e della possibilità di predire le loro proprietà effettive a partire dal comportamento di ciascun costituente, o fase, e dalla loro disposizione, o microstruttura. Dai primi lavori di Hill [7] e Hashin e Shtrikman [8], notevoli progressi si sono avuti nello studio del comportamento lineare ed elastico dei materiali, mentre molto meno è stato proposto per quanto riguarda i fenomeni non lineari, come la plasticità e il creep. Analizziamo il caso più semplice di materiale microstrutturato a cui sono associate due scale caratteristiche, la macroscala e la scala, molto più piccola, a cui il materiale è eterogeneo, che abbiamo chiamato microscala. Alla macroscala il comportamento del materiale è descritto in maniera convenzionale, cioè come quello di un equivalente continuo omogeneo opportunamente scelto. Sforzi e deformazioni hanno dunque andamenti continui, che dipendono dalle variazioni di geometria e dalle condizioni di carico. In assenza di macroscopiche variazioni del gradiente di queste grandezze (si parla di slow variations ), nessuna variazione è evidente alla microscala, dove l’eterogeneità del materiale produce microscopiche, localizzate fluttuazioni ( fast variations ). I tensori di tensione e deformazione,  e  , funzione del vettore di posizione x , possono essere allora pensati come la somma di grandezze di campo slow (   ,   ) e fast (    ,    ):         ' '           x x x x (1) Nel caso, peraltro comune, di materiali eterogenei che mostrano una distinzione sufficientemente definita tra le lunghezze di scala, è possibile scrivere la relazione:     * * * * * * S d            x x (2) valida per ogni campo di tensione statisticamente valido  * e campo di deformazione cinematicamente ammissibile  * , [7]. Nell’Eq. (2), il simbolo  indica che una quantità è mediata sul volume di riferimento, e  S è il volume di controllo, grande almeno quanto il RVE. L’Eq.(2) è nota come la condizione di macro-omogeneità di Hill o di Hill-Mandel. Essa implica sostanzialmente che la densità media di energia di deformazione sul volume di un solido elastico disomogeneo,

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