Issue 12

L. Collini, Frattura ed Integrità Strutturale, 12 (2010) 21-36; DOI: 10.3221/IGF-ESIS.12.03 22 nostro occhio può sembrare un solido continuo ed omogeneo, se analizzato ad un’altra lunghezza di scala si rivela formato da più costituenti continui, che a loro volta possono essere eterogenei (per proprietà, orientamento, ecc.) aumentando ulteriormente la definizione della scala di osservazione. È questo un concetto fondamentale nello studio della meccanica dei materiali a livello microscopico. Tipici esempi di materiali eterogenei sono i materiali compositi, fibro-rinforzati o particellari, i materiali porosi, gli stessi metalli policristallini, ma anche il legno e l’osso. Una diretta conseguenza di questo concetto è l’approccio cosiddetto multiscala allo studio del comportamento meccanico dei materiali microstrutturati, associato a fenomeni e meccanismi peculiari della dimensione in cui si conduce l’analisi [1, 2]. Un gran numero di problemi della Meccanica dei Solidi e della Scienza dei Materiali non può di fatto essere risolto tramite gli approcci convenzionali, poiché alla base delle effettive proprietà meccaniche di un materiale eterogeneo vi è la crescente necessità di incorporare informazioni fisiche sui micromeccanismi di deformazione e danneggiamento all’interno di modelli fenomenologici di plasticità o rottura, caratteristici dei materiali omogenei. I concetti di nucleazione di vuoti o di localizzazione delle deformazioni a livello microscopico sono alla base di fenomeni non-lineari come la fatica nei materiali, o la rottura duttile, che non sono spiegabili dal solo punto di vista delle tensioni e delle deformazioni medie o mediate . La precisa determinazione delle grandezze di campo locali nel materiale è l’ambito di studio della micromeccanica. I processi di deformazione elasto-plastica sono convenzionalmente trattati facendo riferimento alla Meccanica del Continuo, che si basa su di una descrizione macroscopica o effettiva del comportamento meccanico del materiale. Tale approccio, in cui rientra anche la stessa teoria delle dislocazioni, mostra dei limiti nell’interpretare i meccanismi plastici in un materiale a microstruttura eterogenea. Per fare ciò l’analisi deve affinarsi in definizione considerando fattori aggiuntivi a livello microstrutturale, come il comportamento di un singolo elemento del materiale (cristallo, grano, fase…), la mutua interazione tra questi, il comportamento delle zone di confine, la formazione di nuove strutture interne durante la deformazione (ad es. celle, bande di scorrimento, blocchi o altre sottostrutture). Da quanto detto appare evidente l’importanza che riveste la dimensione, o scala, alla quale si studia il comportamento di un materiale. La micromeccanica definisce quindi una gerarchia di livelli dimensionali organizzati, appartenenti a diversi ordini di grandezza [3, 4]. Ad ogni livello, o scala, si distingue una determinata organizzazione delle fasi. In Fig. 1 è schematizzato questo concetto, con diretto riferimento alla struttura tipica di una ghisa nodulare a matrice mista ferritico- perlitica. Figura 1 : Scale di osservazione associate alla struttura di una ghisa nodulare. La macroscala , Fig. 1 a sinistra, identifica il comportamento meccanico macroscopico del materiale, ad esempio la sua resistenza determinata con una prova di trazione, di tenacità a frattura, etc. La fenomenologia associata alla macroscala definisce le proprietà solitamente impiegate nella progettazione meccanica. Al livello della microscala , Fig. 1 a destra, gli elementi caratteristici sono invece inclusioni, porosità, disposizioni irregolari o difetti della struttura (vacanze, dislocazioni). Nel caso illustrato relativo alla ghisa nodulare, alla microscala si manifesta ad esempio il meccanismo di danneggiamento duttile (cavitazione plastica e successiva instabilità della matrice attorno ai noduli di grafite, tipico delle ghise ferritiche): la microscala evidenzia quindi le cause e i meccanismi alla base del comportamento del materiale. Una scala intermedia alle precedenti è la mesoscala . Fig. 1 al centro mostra una tipica sezione metallografica della ghisa sferoidale. La mesoscala rappresenta il livello in cui s’individuano le fasi presenti o gli elementi caratteristici della microstruttura. La

RkJQdWJsaXNoZXIy MjM0NDE=